Cazzamali, la responsabilità di una missione dallo scopo etico.
È un pomeriggio come tanti, mi trovo a Travagliato, in provincia di Brescia, dove in una villa ristrutturata si tiene Amalgama: un evento locale per addetti ai lavori del settore enogastronomico. Il caldo è davvero afoso ma è così tanta la voglia di inaugurare la ripresa del contatto sociale che nessuno ci fa caso. Nonostante le mascherine - siamo al chiuso - gli scambi di biglietti da visita procedono senza sosta, tra degustazioni di cibi prelibati e vini ricercati.
Al piano terra ci sono due nostre conoscenze. Roll-up a sinistra, piano di lavoro a destra e un muro antico alle spalle. Sono loro, Franco e Danilo Cazzamali. Padre e figlio. Il loro spazio è assediato e basta buttare l’occhio sul bancone per capirne la ragione. Franco prepara cubi di Spettagolosa, la carne marinata con la ricetta di famiglia. Danilo invece sminuzza a tutto spiano un lingotto di Essentia. In men che non si dica l’assaggio è pronto, in men che non si dica cubi e tartare evaporano.
Ogni occasione è buona per l’Essentia, quindi non mi tiro indietro quando Danilo mi lancia uno sguardo carico di significato: che fai, non assaggi? Un momento di sollucchero totale prende il sopravvento. Poi si sa, tutte le cose belle, e buone, durano poco quindi torno sulla terra. E mentre termino la discesa al suolo, e la calura si fa sentire il doppio, Franco Cazzamali si stacca dalla sua postazione per una pausa dirigendosi nella mia direzione.
“Con la carne marinata non bisogna mai esagerare, il boccone non deve essere troppo grosso altrimenti quella sensazione alla masticazione che vogliamo dare diventa troppo invasiva” esordisce Franco al quale non è sfuggita l’attenzione con la quale l’ho seguito preparare la carne poc’anzi.
“È una questione di affinatura” continua Franco “legata al continuo provare e riprovare fino a quando non si ottiene l’effetto desiderato. In fin dei conti il nostro lavoro, parlando di carne cruda, è quello di intervenire il meno possibile. La carne dei nostri allevatori è perfetta così come la riceviamo.”
“Caro Franco” rispondo io “lei ha una bella responsabilità. Trasferire i suoi saperi raccolti e perfezionati nel tempo. Una ricchezza che non può andare persa, ancora di più in presenza dei suoi figli che possono a loro volta tramandarla quando sarà il momento."
Franco mi lancia un’occhiata seria, di quelle che fermano il tempo. Di quelle che improvvisamente ti chiedi se hai detto qualcosa che non va, come se avessi messo il becco in cose che non mi riguardano.
“Ti ringrazio” riprende “Ti ringrazio per le tue parole, davvero. In realtà la questione è più complessa. Non che sia poco importante trasmettere a Marco e Danilo, anzi.” Fa una pausa. “Ma c’è qualcosa che va oltre anche questo, qualcosa di più profondo e che rappresenta l’essenza delle scelte che ho fatto nella mia vita. E per conseguenza di quello che fanno mia moglie e i miei figli lavorando con me.”
Dietro ai suoi occhiali mi fissa, capisco che è in cerca delle parole giuste e che quello che sta per dirmi è più di quello che potrei aspettarmi.
“Sono cresciuto imparando il mestiere prima nei macelli e poi nelle macellerie. Ma attenzione, se pensi al macellaio, ti sbagli.
Con il nostro lavoro quotidiano assumiamo un ruolo di responsabilità estrema perché ci troviamo nel mezzo, tra l’allevatore e il consumatore finale. E questa nostra posizione implica l’essere consapevoli che le scelte che facciamo hanno rilevanza per chi sta a un capo e all’altro della filiera.
Da una parte siamo educatori nei confronti dei nostri clienti nell’uso e consumo di carne. Non smetto mai di ripetere loro di mangiarne meno, ma di mangiarne di qualità. Può sembrarti un discorso senza senso ma non lo è e quando avrò chiuso il cerchio della mia spiegazione ti sarà tutto molto chiaro, anche il motivo per il quale non sono interessato a vendere più carne.
Ma qual è la carne di qualità? È quella che è buona senza ricevere troppe lavorazioni. Perché il capo è stato allevato come si deve, e ha atteso il giusto tempo prima di recarsi al macello. È la carne dell’animale che l’allevatore non ha fretta di vendere, perché sa che quando viene il momento adatto è venduto al giusto prezzo. Il suo lavoro è remunerato e può continuare a praticarlo. Così come lo ha fatto suo padre e le generazioni precedenti, lo faranno i suoi figli. Con quella dignità che contraddistingue chi è riconosciuto per la sua capacità e abilità a fare un mestiere.
Perché il riconoscimento del giusto prezzo per quel capo, e di tutti quelli che ha allevato e che può seguitare ad allevare, è la migliore garanzia per il cliente del mio negozio. Come di qualsiasi altro negozio che accetti di acquistare carni di capi allevati solo in un modo. È qui, quindi, la nostra posizione nodale, chiamala anche missione. Vigilare che gli animali siano allevati con criteri non intensivi, assicurare e rassicurare l’allevatore che riceverà un prezzo congruo per le bestie che acquistiamo da lui, mai smettere di spiegare al cliente finale perché la carne di qualità ha un prezzo, e che si può fare a meno di consumarla tutti i giorni spendendo di meno, avendo come alternativa la possibilità di una carne migliore. Alla quale, noi, dobbiamo fare ben poco per portarla in tavola perché è già perfetta così.
Capisci ora cosa intendo per una questione più complessa? È questo il mio, anzi, il nostro scopo. Vendere la carne è solo il “come” lo raggiungiamo.”
Franco supera la mia testa con lo sguardo, Danilo al banco degustazione è letteralmente preso d’assalto e fa segnali inequivocabili di richiesta d’aiuto. Interrompiamo la conversazione e io colgo l’occasione per prendere appunti e fissare i concetti che ho ricevuto.
Ero andato ad Amalgama per parlare con Danilo di altro, torno in ufficio con un bagaglio pesante e prezioso. Non sarebbe corretto tenerlo solo per me.